Comprendente.

Oggi ho tenuto un corso di comunicazione…

Quinta giornata, non male per una tipologia che di solito dura uno o due giorni al massimo. Public Speaking si definisce oggi.

Azienda biomedicale in forte sviluppo, tanti ragazzi giovani, quasi tutti ingegneri. Abbiamo lavorato insieme per 5 sabati: hanno dedicato 5 sabati della loro vita per imparare qualcosa da noi! Ne dobbiamo essere grati!

Spesso diamo per scontato che la gente venga ai nostri corsi, investa del tempo per ascoltarci, ma forse non sempre prestiamo adeguata attenzione al valore di queste loro scelte. Tanto più se riguardano giornate extralavorative.

Il mio socio si era assentato mentre io stavo ultimando gli incontri individuali di fine corso. Mi piace restituire un feedback individuale, personale e “intimo” e contemporaneamente raccogliere la loro impressione, il loro giudizio stimola la mia energia. Mi permette di capire come stanno le cose davvero, cosa è andato male.

E’ bello sentirti dire “..io all’inizio non ci credevo, venivo ma ero convinta che non sarebbe servito a nulla…“.  Valeria, dal tono duro e critico, non era stato difficile capire che non ci credeva, anzi, all’inizio ci guadava un pò come degli alieni.

E Riccardo, “accidenti, davvero non pensavo che sarebbe stato così bello, grazie.“. Quando ho detto a Biancamaria che la sua prova finale era stata Molto Molto Buona ed avevo avuto difficoltà ad individuare dei punti di miglioramento, lei mi ha guardato con due occhioni spalancati che erano la gioia fatta realtà.

Ma la cosa che mi resterà dentro per sempre e per cui vale la pena di essere qui, a mezzanotte, su questa tastiera è ricordare Valeria. Si, Valeria quella che non ci credeva e ci trattava con sufficienza, quasi disprezzo; difficile carpirle un contributo, farla lavorare con motivazione. Potevamo darla per persa, o meglio mai arrivata. Alla prova finale un disastro, ha preso una cantonata dietro l’altra, mentre eseguiva la sua prova mi sono detto “non ce la può fare”.  Napoletana, giovane, piuttosto bella, un ingegnere biomedicale. Eppure, o proprio per questo, era li davanti a tutti a portare avanti una performance per la quale avrebbe poi desiderato sprofondare.

Non ammetto che i feedback dell’aula riguardino aspetti di miglioramento: il feedback dei colleghi deve essere di rinforzo, quindi esclusivamente “Quello che mi è piaciuto….” Eppure a Valeria era difficile trovare qualcosa di positivo. Io stesso avrei voluto dirle “.. Valeria, ma che hai fatto???” L’immediato feedback del coordinatore “… meglio che per un po’ non esci sul campo e che rivediamo i contenuti… … Hai detto una quantità di … “inesattezze”…”.Devastante. Ho fermato il feedback cambiando discorso, noi non siamo qui per i contenuti ma per la forma, e siamo andati oltre.

Il viso di Valeria per tutta la giornata é stato nero. Nonostante Napoli nel cuore, non si c’era allegria in quella ragazza. Stava assorbendo il colpo. Mi sono ricordato le parole di un mio carissimo amico, sindacalista prima, politico dopo, amministratore ora:

“La scuola deve essere inclusiva, non può essere selettiva..” mi diceva, “ … La funzione di insegnamento non deve selezionare chi sa e chi non sa, chi può andare avanti e chi no. L’insegnamento deve essere offerto a tutti e lasciato fruire da ognuno secondo le proprie possibilità, le proprie capacità, solo così potranno schiudersi le opportunità per ognuno, noi dobbiamo dare a tutti il supporto che occorre per avviare un percorso di crescita senza pretendere che ci arrivino nei tempi che abbiamo stabilito noi. La scuola deve essere comprendente non selettiva…”

Tante volte ho riflettuto su queste parole, credevo di averle comprese. Oggi, di fronte a Valeria ho finalmente capito. Valeria non poteva essere giudicata né da me né da nessuno, Valeria possiede gli strumenti per capire e spiegarle che ha sbagliato non serve a nulla,Valeria ha sofferto in silenzio rendendosi conto del reale valore della sua prova, Valeria ha visto i colleghi portare a termine prove anche brillanti, o prove mediocri dalle quali ha imparato, se vogliamo, ancor di più. Ha imparato a vedere i limiti degli altri e riconoscerli come propri, ha visto gli errori che lei stessa ha fatto, ed ha sentito la bellezza e la “facile” fluidità di una prova brillante. Valeria ora ha gli strumenti per valutare e valutarsi.

“La scuola deve essere comprendente…”

Andrea accidenti a te, sento il suono della tua voce arrochita dal toscano mentre spieghi a me o ad una platea, con la stessa forza e convinzione il perché non si deve lasciare indietro nessuno.

Valeria mi chiede il perché di un feedback a tu per tu, è evidentemente preoccupata di ciò che potrà sentirsi dire. La tranquillizzo sugli scopi. Un attimo di pausa. “Valeria come è andata?” Pausa. Gli occhi neri e grandi, il viso largo, mi guarda con stupore ed attenzione. Napoli è sentimento.  Si scioglie, “Male…” quasi in lacrime. Niente pausa: “Come male? A me è piaciuto questo e quest’altro, avevi una buona presenza fisica, e quando ti rivolgevi all’aula, nei momenti in cui lo facevi, si sentiva che eri vera, eri tu, eri aperta e intessevi un rapporto, una relazione con il tuo pubblico…!!”

Sguardo dubbioso. Un lieve sorriso. “Si, e poi c’è questo e quest’altro, si capiva e si vedeva che tu …”

Il sorriso si allarga. Abbozza delle giustificazioni, fornisce la sua “versione dei fatti”, individua le cause del disastro. Mette in fila tutti i motivi che hanno prodotto il risultato, con chiarezza e precisione, sa cosa avrebbe dovuto fare e perché non lo ha fatto, si è resa conto di ogni cosa con una chiarezza e una logica che stupisce. Si lascia andare, parla, via via rinvigorita e consapevole di essere stata “accolta” di essere compresa. Le dico quello che ho visto io e del perché mi sembra sia accaduto, conferma, annuisce, rincalza, aggiunge dettagli e fornisce una prospettiva. La vedo come rinascere nelle mie mani, si riprende, ora mi sembra perfino più bella, più alta. Le passo un braccio attorno alle spalle, la stringo in un abbraccio fraterno e complice, la scuoto lievemente come per farla riprendere da un brutto sogno, i suoi occhi grandi e tondi mi trasmettono gratitudine, comprensione, motivazione e la percezione di potercela ancora fare.

Ora va per la sua strada e salutando i colleghi è più fiera, sa di essersi messa in gioco e di esserne uscita con le ossa rotte, ma ha avuto il coraggio di farlo e di subirne le conseguenze, di comprendere e di immaginare una prospettiva di miglioramento.

No, Valeria non ha nulla da invidiare ai suoi colleghi, lei dall’inizio non ci aveva creduto, il fatto che oggi sia qui e inizi ora il suo vero percorso di crescita vuol dire che la sua esperienza sarà diversa, magari per certi aspetti più ricca dei suoi colleghi, anche di quelli che hanno fatto tutto giusto alla prima, che poi quanti ne abbiamo visti, iniziare così e poi perdersi per strada o diventare insopportabili primedonne? Valeria non corre il rischio di pensarsi come la perfetta di Amy Lee in Everybody‘s Fool, non sarà mai una primadonna se si porterà dentro con consapevolezza le cicatrici delle sue cadute.

Ho voluto bene a tutti quei ragazzi intelligenti e svegli, che si sono impegnati dandoci soddisfazione, alcuni veramente molto bravi, alcuni particolarmente attenti e capaci di imparare in fretta. Ma per lei ho un pensiero in più. Valeria potrà comprendere meglio chi dovesse fallire, chi dovesse non farcela, chi avrà difficoltà e dovesse rimanere indietro. Valeria è una ragazza intelligente quanto tutti gli altri, forse più di altri; la sua prospettiva, la sua esperienza è e sarà diversa, ma non meno di valore delle altre. Anzi, forse con un valore perfino più ampio, più comprendente.

Addio Valeria e grazie.

Get in touch!

Fill out the form to receive your free consultation:

Leave a Reply